Terzo modello Fiat a vincere il premio, fu una delle familiari più amate di sempre sul mercato nazionale. Riviviamo un mito attraverso la sua storia
20.01.2020 ( Aggiornata il 20.01.2020 15:48 )
Nel 1972, mentre Bill Gates e Paul Allen fondano la Traf-O-Data, progenitrice di Microsoft, Nicola Di Bari vince Sanremo con “I giorni dell’arcobaleno” e lo sci azzurro celebra il bicampione del mondo Gustav Thöni, la Fiat si conferma sempre più leader nell’albo d’oro del premio Auto dell’Anno, portando al successo l’amata 127.
L'utilitaria vide la luce nel 1971, un anno dopo vinse il titolo di Auto dell'Anno, battendo Renault e Mercedes. Ideata per la famiglia, il principio cardine era rappresentato dallo spazio e dall'abitabilità interna. Montava lo stesso 4 cilindri della 850, depotenziato però a 47 CV, ma era più prestazionale, grazie anche alla nuova posizione del motore, in posizione anteriore trasversale
Guarda la galleryLa piccola berlina è la terza macchina Fiat a vincere l’ambito titolo, dopo la 124 e la 128. Lo fa già un anno dopo l’uscita sul mercato, dopo che critica specializzata e consumatori la eleggono a miglior utilitaria in circolazione.
L’intento, a Torino, sin dall’inizio era proprio quello: regalare alla clientela un’auto per la famiglia, comoda e spaziosa, facile da guidare. Insomma, una due volumi senza tanti fronzoli, in grado di rimpiazzare la 850, che negli anni Sessanta è riuscita a vendere più di 2 milioni di copie ma che è già diventata piuttosto obsoleta per i nuovi gusti dei guidatori. Le cilindrate che andavano dai 500 ai 1000 cm³ erano infatti sempre meno apprezzate, in favore di un aumento fino ai 1500 cc.
Della 850 però, Fiat 127 ripropone il 4 cilindri con albero a camme laterale e distribuzione ad aste e bilancieri (uno dei classici motori “serie 100” targati Fiat), depotenziato a 47 CV a 6200 giri/min. Rispetto alla “sorella”, 127 è tuttavia più prestazionale, grazie al motore anteriore trasversale, la trazione anteriore, un nuovo pianale e le sospensioni McPherson a quattro ruote indipendenti. Riusciva a raggiungere i 140 km/h di massima, grazie anche a un ottimo cambio a 4 rapporti e buoni freni a disco anteriori.
I padri della Fiat 127, Pio Manzù e Rodolfo Bonetto, scelti da Dante Giacosa, per quanto riguarda l’estetica e gli interni non propongono bizzarrie estreme, puntando a favorire di più il fattore spazio: quattro persone entrano comodamente. L’abitacolo, se non vogliamo definirlo spartano, è quantomeno minimal.
Fatto sta che agli italiani piace, anche di più della rivale di segmento, la storica Autobianchi A112. E appena un anno dopo lo sbarco nelle concessionarie, Fiat 127 si laurea Auto dell’Anno, battendo Renault 15 e 17 e Mercedes R107. La prima (di tre) serie, nettamente la più celebre e amata, dura fino al 1977.
A non poter godere del suo successo, paradossalmente, è proprio uno dei suoi stessi ideatori, Pio Manzù. Il designer infatti, nel maggio 1969, mentre si stava recando a mostrare il modello in scala della 127 ai “piani alti” Fiat, rimase vittima di un incidente stradale sulla Torino-Milano. Gran parte del merito di quel trionfo del 1972 va anche a lui.
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