La sinergia tra i due Costruttori giapponesi, che si dovrebbe concludere nella primavera del 2026, suscita però alcuni dubbi
03.02.2025 13:36
La possibile fusione tra Honda e Nissan sta generando un acceso dibattito, evocando immagini letterarie come il celebre “Questo matrimonio non s’ha da fare” di manzoniana memoria. L’ex CEO di Nissan, Carlos Ghosn, ha espresso forti riserve sull’operazione, definendola priva di senso strategico per via delle limitate complementarità tra le due aziende. Tuttavia, l’accordo potrebbe rispondere a necessità impellenti in un settore in rapida evoluzione. Honda, che produce annualmente 33 milioni di motori che vanno da tosaerba a quelli per la Formula 1, si trova in difficoltà nella transizione verso i veicoli elettrici. Nissan, nonostante il passato da pioniere con la Leaf, lanciata nel 2010, fatica rispetto ai competitor.
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La fusione promette vantaggi teorici immediati: Honda potrebbe ridurre i costi di ricerca e sviluppo, mentre Nissan potrebbe sfruttare l’integrazione per migliorare margini e competitività. L’azienda di Yokohama sta affrontando da tempo difficoltà finanziare e, nonostante il concambio per il trasferimento delle azioni nella nuova holding non sia ancora definito, Honda avrà il peso maggiore nella nuova entità e sceglierà la maggioranza dei membri del CdA mentre il Presidente sarà indicato da Nissan, che rimane comunque l’anello debole dell’operazione. Il suo fatturato nell’anno fiscale 2024 conclusosi a marzo scorso è stato pari al 62% di quello di Honda, mentre l’utile operativo è stato solo del 41%. Il suo margine operativo del 4,5% era nettamente inferiore al 6,8% di Honda. I risultati di Nissan sono ulteriormente peggiorati nel primo semestre dell’anno fiscale 2025, quando il margine operativo è sceso allo 0,5%, con un flusso di cassa negativo. Senza contare che sono stati annunciati tagli di 9.000 posti di lavoro.
La fusione sarebbe per lei una boccata d’ossigeno che però potrebbe essere di corto respiro. Nonostante i potenziali benefici i rischi sono molteplici. Nissan deve affrontare un eccesso di capacità produttiva, in particolare in Cina, e la sovrapposizione nei portafogli di prodotti e mercati tra le due aziende limita le sinergie possibili. Entrambe le Case sono attive nei segmenti delle compatte e dei Suv, e operano in Nord America, Cina e Giappone, i loro mercati principali. Ridotte quindi le opportunità di razionalizzazione, con benefici incrementali che potrebbero essere limitati. Ulteriore elemento di complessità è il possibile coinvolgimento del governo giapponese, che ha una lunga tradizione di interventismo nelle grandi fusioni industriali, come le operazioni di consolidamento nel settore dei semiconduttori e delle compagnie aeree, non sempre benchmark di successo. L’esecutivo nipponico potrebbe essere incline a favorire la fusione per mantenere il controllo di due marchi storici sotto il cappello del keiretsu giapponese (un conglomerato d’imprese, n.d.r.), evitando che entità straniere prendano il comando. Ma, un approccio più politico che industriale, rischia di rallentare i necessari processi di ristrutturazione, perpetuando i problemi strutturali.
C’è poi Renault , primo azionista di Nissan, che segue con attenzione le trattative, dichiarando di voler valutare tutte le opzioni nell’interesse dei suoi stakeholder. La fusione tra Honda e Nissan, con la presenza anche di Mitsubishi che sarà definita nelle prossime settimane, pur promettendo di creare il terzo produttore mondiale, deve affrontare ostacoli di natura strategica, operativa e culturale, in un contesto dove la leadership tecnologica e l’efficienza della catena di fornitura contano più che mai. La domanda principale rimane se questa operazione sia guidata da una visione strategica o dalla necessità di sopravvivenza ma, come sottolinea l’analista Mike Newman, "Due uomini che annegano non fanno un nuotatore".
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