Al Salone dell'auto di Bruxelles l'auto deve protestare

Al Salone dell'auto di Bruxelles l'auto deve protestare© LaPresse

Il comparto dell'automotive non deve perdere l'occasione per manifestare rabbia e dissenso contro le imposizioni della Ue

di Pierluigi Bonora

30.01.2025 11:49

Il nuovo anno si è aperto con un’occasione d’oro, direi imperdibile, affinché il settore automotive europeo possa far sentire forte la sua voce. Mi riferisco al “Brussels Motor Show”, in programma dal 10 al 19 gennaio. All’edizione numero 101 hanno aderito 63 Marchi automobilistici e si prevedono, mentre andiamo in stampa, più di 300mila visitatori. Fin qui una buona notizia che segna una ripresa dei Saloni dell’auto. Occasione imperdibile, dicevo. E aggiungo: per dimostrare pubblicamente che il settore ha gli attributi e sa farsi valere anche nei fatti. A Bruxelles, dove si riuniranno i big dell’auto, ha infatti sede la Commissione Ue. E allora dico: perché non approfittare dell’occasione per manifestare rabbia e dissenso contro le imposizioni assurde e folli a proposito della transizione energetica legata al settore e verso coloro che, all’interno della Commissione Ue, insistono nel percorrere una strada che si sta dimostrando letale per l’industria europea e il suo indotto?

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Fossi nei panni di Ola Källenius, il nuovo presidente di Acea, l’associazione dei Costruttori europei di veicoli, agirei proprio in questa direzione, sfruttando l’evento sul quale si accenderanno i riflettori dei media di tutto il mondo. Già, il nuovo presidente di Acea e capo di Mercedes-Benz , che ha ricevuto il testimone dall’italiano di Luca de Meo, numero uno di Groupe Renault, gli stessi top manager che - insieme ad altri illustri colleghi - sono rimasti zitti zitti nel momento in cui Bruxelles dava il via al “Green Deal” legato all’automotive, per poi - cioè, da qualche mese - rendersi conto del harakiri imminente e dell’urgenza di correre ai ripari. Per Acea il fatto di alzare pubblicamente la voce, dove tutto ha preso forma, rappresenterebbe una prova di compattezza e responsabilità verso milioni di occupati, molti dei quali vivono nel terrore di perdere il lavoro. In quel modo, le autorità Ue si renderebbero veramente conto della grave situazione in cui si trova il sistema automotive europeo nel suo complesso. E finiamola di addossare tutte le colpe di quanto sta accadendo ai Costruttori cinesi, un alibi fin troppo facile. Bravi loro ad aver saputo approfittare di tutte le opportunità che si sono presentate.

La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, alle prese con una polmonite e assente dalle scene per farsi curare, nelle scorse settimane si era preoccupata di ricordare di aver avocato a sé il dossier, riconoscendo che "l’industria automobilistica è fonte di orgoglio europeo, è fondamentale per la prosperità dell’Europa, è il motore dell’innovazione, sostiene milioni di posti di lavoro ed è il più grande investitore privato in ricerca e sviluppo". E perché la “banderuola” Ursula non ha pensato alla stessa maniera nella precedente legislatura Ue avallando l’imposizione del “tutto e solo elettrico” dal 2035, di nuove e letali sanzioni sulle emissioni a partire da questo mese e tutto il resto? Il Salone di Bruxelles, inoltre, potrebbe servire per sbattere in faccia agli ideologi “green” della Commissione Ue, come Teresa Ribera e Roxana Minzatu, che non intendono sconfessare le decisioni prese dal precedente Esecutivo, la realtà dei fatti.

Insomma, basta litigi e divisioni nel Palazzo del potere, e prevalga il buon senso. Le soluzioni ai problemi della gente comune e dell’economia di un territorio devono arrivare prima delle beghe, delle poltrone e degli interessi politici. Scrivo questo commento a una settimana dal “Brussels Motor Show” e non posso ancora sapere se ci sarà anche un “fuori salone” politico. Se qualcosa di incisivo verrà fatto, allora bene; in caso contrario, si sarà persa una grandissima occasione. Ci penseranno, il 5 febbraio, gli operai metalmeccanici a manifestare pubblicamente sempre a Bruxelles.

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