In un contesto globale caotico e in pieno cambiamento, la sfida all’ottimismo è sperare che anche i V12 abbiano sempre spazio
02.01.2025 13:19
Se ci avessero detto vent’anni fa che il mondo dell’automobile avrebbe vissuto adesso la sua prima grande rivoluzione storica, non ci avremmo creduto. Ma manco per niente. Non volevamo crederci nemmeno dieci anni fa, quando i segnali di quella che oggi chiamiamo genericamente “l’elettrificazione” cominciavano ad essere davvero tanti e davvero molto chiari. Và come cambiano le cose! Semplicemente un po’ tutti preferiamo non badare ai segnali; stiamo tutti un po’ meglio nelle braghe dei procrastinatori, di qualunque cosa, emozioni comprese. Per noi, utenti finali medi, è molto più comodo aspettare tenendoci da parte per il dopo la nostra critica feroce e più raramente i complimenti. Gli idealisti e gli attivisti di qualunque tipo invece no; loro, per una cosa in cui credono, il mazzo se lo fanno in corsa se non altro. Ma il contesto globale è molto più complesso, grande e grave della semplice Elettrificazione automobilistica che rende felici alcuni di noi e ne fa incazzare altri a seconda dei gusti personali, del progressismo elettrico o del conservatorismo meccanico. Non è solo una faccenda di macchinine, benza o pile.
Riassuntino superficiale. Tesla nasce e cresce nell’America che ha eletto l’anti-ambientalista Trump anche grazie al sostegno poderoso del CEO e Founder di Tesla medesima Elon Musk. Il che già di per sé è un casino che rimescola business e ideali. Ma Tesla produce e vende anche in Cina, dove le auto hanno imparato a farsele piuttosto bene da soli (con più di un centinaio di brand in canna), passando in poco tempo da player minore e modesto a fenomeno gigantesco. A Taiwan, primo produttore planetario di microchip, non sono mica tanto sereni e le implicazioni geopolitiche e industriali di una plausibile invasione cinese potrebbero essere iperboliche. La Corea del Nord combatte accanto alla Russia, mentre in Corea del Sud, dove l’industria automobilistica pesa moltissimo, sballonzolano tra golpe e impeachment.
In Germania, mai del tutto guariti dalle lacerazioni del Dieselgate e pure del Covid, i grandi Gruppi automobilistici fanno dolorosamente i conti con l’agguerrita concorrenza orientale e con la confusione generata dalle scadenze dell’Europa che, a quanto pare, fanno a pugni con la domanda degli europei. Dal cosmo di Stellantis esce - comodo - Carlos Tavares come segno di un altro sisma sotto i piedi dell’automotive. Tra Russia e Ucraina c’è la guerra. Tra ebrei e palestinesi pure. E il clima cambia davvero manifestandosi con fenomeni tragici e violenti. E stiamo qui a incazzarci se la nuova Jaguar, che si elettrifica (bye bye), fa un rebranding e lo accompagna con un reel provocatoriamente fuori dal suo contesto storico di tweed e british green? È paradossale, ma è proprio ora che serve una gran botta di ottimismo, perchè da un caos globale del genere è meglio pensare che nasca prima o poi l’esigenza di generare un po’ di equilibrio e di stabilità per il pianeta in cui ci sia spazio adeguato per tutti; comprese Ferrari, Lamborghini, Rolls-Royce e Aston Martin che rimangono orgogliosamente le uniche Case che continuano a progettare, produrre e vendere strepitosi motori a dodici cilindri.
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