"All'inizio mi sono guardato intorno, senza riuscire a trovare l'auto dei miei sogni. Così ho deciso di costruirmela da solo" (Ferdinand "Ferry" Porsche).
Niente può descrivere meglio il mito Porsche di questa riflessione, scritta dal creatore della prima auto sportiva con il nome Porsche. La frase coglie l'essenza di ciò che ha fatto diventare il marchio Porsche quello che è oggi. È l’emblema dei valori che caratterizzano il lavoro del Gruppo e i suoi prodotti. Ma prima di arrivare al creatore della 911, Ferdinand Anton Ernst "Ferry" Porsche, occorre fare un passo indietro, alla Germania prima e dopo la Grande Guerra.
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Il 3 settembre 1875 nasceva a Mafferdorf-Runder-Neisse, in Boemia, Ferdinand Porsche. Figlio di una famiglia di operai, Porsche aveva una forte vocazione verso la fisica, in particolare l'elettricità. Questa sua vocazione lo portò a lavorare a Vienna in un'azienda di apparecchiature elettriche. Nel 1898 entrò alla Lohner, una fabbrica di piccole vetture spinte da motori elettrici, dove progettò il primo motore ibrido elettrico/benzina della storia. In quegli anni sposò Aloisa Kaes e dal matrimonio nacquero la figlia Louise, che poi sposerà l'avvocato viennese Anton Piëch, e Ferdinand Anton Ernst, soprannominato "Ferry". Ferdinand Porsche proseguì a lavorare nell'industria automobilistica dirigendo l'ufficio tecnico dell'Austro-Daimler, dove contribuì al progetto delle Mercedes "SS" e "SSK". Nel 1926, dopo la fusione della Daimler con Benz e alcune incomprensioni con la nuova dirigenza, Porsche uscì per fondare la sua società
di progettazione: "Dr. Ing. h. c. F. Porsche G. m. b. H. Konstruktionburo fur Motoren-Fahrzeung, Luftfahrzeung und Wasserfahrzeung".
UN'AUTO PER TUTTI
Ferdinand Porsche aveva un'idea fissa: progettare e costruire un'automobile ad alti contenuti tecnologici, ma con un prezzo abbordabile anche per i ceti più bassi. L'idea piacque a Hitler, che ne colse la valenza propagandistica
e che commissionò allo Studio Porsche il progetto di una vettura a basso costo, affidabile, a quattro posti e con consumi ragionevoli: la Volkswagen ("vettura per il popolo"). Ma dopo la produzione di alcuni prototipi di preserie, lo scoppio
della Seconda Guerra Mondiale pose fine allo sviluppo. Alla fine del conflitto, la famiglia Porsche si rifugiò in Austria, a
Gmünd, un piccolo paese della Carinzia, mentre Ferdinand Porsche veniva incarcerato con l'accusa di aver sostenuto l’industria bellica nazista.
SUBITO VINCENTE
Durante i 20 mesi di arresto del padre, il figlio Ferdinand "Ferry" Porsche iniziò la progettazione di una piccola vettura sportiva a due posti. Nell'Europa dell’immediato dopoguerra, per costruire un'auto occorreva ingegnarsi: la prima Porsche 356 montava un motore Volkswagen e componenti provenienti da ogni parte. I primi prototipi furono faticosamente costruiti completamente a mano, forgiando le carrozzerie di alluminio su apposite sagome di legno.
La capostipite delle vetture Porsche era nata. Un mese dopo che la prima macchina lasciò la fabbrica, una 356
vinse la sua prima corsa.
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DI PADRE IN FIGLIO
Fu presto evidente che le possibilità di espansione dell'azienda nel piccolo paese austriaco erano limitate. Inoltre, dopo la scarcerazione di Ferdinand la famiglia Porsche poté tornare in Germania. La produzione in serie delle 356 venne realizzata a Zuffenhausen, con il supporto della carrozzeria Reutter di Stoccarda. Ferdinand Porsche si spense il 30
gennaio 1951, ma fece in tempo a vedere i primi passi dell'azienda condotta da suo figlio "Ferry", ideatore delle favolose 356 e 911. Ferry Porsche ebbe a sua volta quattro figli, Ferdinand "Butzi"; Gerhard; Hans-Peter e Wolfgang. Inizialmente
furono tutti più o meno coinvolti nell'azienda di famiglia, così come Ferdinand Piëch, nipote di Ferry. Butzi si dedicò al disegno della prima 911, mentre Ferdinand Piëch diede grande impulso all'attività sportiva nella seconda metà degli anni '60, fino al progetto dell'invincibile Porsche 917. All'epoca le corse automobilistiche erano l'unico banco di prova
per collaudare le soluzioni tecniche da trasferire sulle vetture di produzione e lo strumento fondamentale per costruire l'immagine di auto sportiva e vincente.
I SUCCESSI SPORTIVI
Mentre le auto sportive per i clienti si diffondevano sulle strade, le Porsche da corsa cominciarono a vincere sulle
piste di tutto il mondo. Nel 1951, la piccola 356 SL conquistò una vittoria di classe a Le Mans; nel 1956 la 550 Spyder ottenne la sua prima vittoria assoluta alla Targa Florio. Gli anni '60 e '70 videro una serie di vittorie alla 1000 km del Nurburgring e alla 24 ore di Daytona. Nel 1970 una 917 consegnò alla storia sportiva il 1° posto assoluto di una Porsche nella 24 Ore di Le Mans.
LA SVOLTA
Agli inizi degli anni '70, la famiglia Porsche si trovò di fronte a una scelta strategica: in un periodo storico in cui in Europa dominava ancora il capitalismo famigliare e le aziende passavano di padre in figlio, Ferry Porsche comprese che tra i suoi figli e nipoti non vi fosse nessuno pronto per prendere in mano le redini dell’azienda. Il figlio Butzi aveva fondato la sua azienda Porsche Design; il genero Ferdinand Piëch era avviato a una luminosa carriera in Volkswagen-Audi . Ferry, allora, trasformò la Porsche in società per azioni, rimanendo a capo della holding con la sorella Louise Piëch. Questa moderna decisione di affidare la responsabilità a dirigenti esterni di fiducia si dimostrò quella giusta per garantire la longevità e il successo del marchio Porsche. Gli anni seguenti videro un'espansione dell'azienda e della gamma, anche con modelli nati in collaborazione con il Gruppo VW-Audi. Le vittorie sportive della Porsche, oltre che nelle categorie GT ed Endurance, si erano estese fino alla Formula 1, con la conquista di 3 edizioni del Mondiale Piloti (1984-85-86) con la McLaren motorizzata TAG-Porsche, grazie all’accoppiata Lauda-Prost, e due Campionati costruttori (1984-85).
RINNOVAMENTO
La 356 aveva raggiunto i 76mila esemplari nel 1965, ma già alla fine degli anni '50 si erano materializzati pericolosi concorrenti nel segmento delle auto sportive, nonostante i potenti motori a 4 cilindri che equipaggiavano le versioni Carrera 4. Occorreva rinnovarsi, mantenendo però il "family feeling".
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Il disegno della linea della nuova Porsche fu affidato a Ferdinand Butzi Porsche. Motore completamente nuovo, 6 cilindri contrapposti come alternativa all’obsoleto boxer 4 cilindri derivato dal Volkswagen. Gli obiettivi del progetto Tipo 901 vennero fissati da Ferry Porsche in persona: una vera coupé 2+2 posti, più spaziosa, ma di dimensioni contenute; maggiore spazio per i bagagli; comfort e tenuta di strada aumentati, superando i limiti dello chassis della 356; motore con potenza analoga ai Carrera 4, ma più silenzioso, docile e facile; facilità manutenzione. Aerodinamica dal disegno filante, per realizzarla Porsche dovette acquistare lo storico fornitore, la carrozzeria Reutter. I fondi necessari furono trovati rinunciando, nel 1963, alla partecipazione in Formula 1. I modelli preserie della Porsche Tipo 901, presentata al Salone dell’Automobile di Francoforte del 1963, uscirono solo agli inizi del '64. Ma dovettero cambiare nome: la denominazione a tre cifre con lo 0 centrale era stata, infatti, brevettata da Peugeot . Allora Porsche sostituì lo 0 con 1 e nacque la stirpe della mitica serie 911.
L'AZIENDA È LA SUA VITA
La storia della famiglia Porsche arriva ai giorni d'oggi con Wolfgang Porsche, il figlio più giovane di Ferry Porsche, da quarant'anni volto del marchio e suo ambasciatore più importante. In veste di presidente del Consiglio di sorveglianza vigila su Porsche AG e sull'intero gruppo.
Wolfgang, il più giovane dei nipoti di Ferdinand Porsche, vedeva il nonno molto raramente, ma ne apprese i valori morali: "Mi sento legato personalmente alla famiglia, all'azienda e a tutti i dipendenti. Per la famiglia Porsche e, quindi, anche per me, le persone e i dipendenti sono sempre al centro dell’attenzione. Questi sono i valori che mio nonno Ferdinand e mio padre Ferry mi hanno trasmesso fin dalla culla. Porsche non è solo un'auto veloce, Porsche è un sistema sociale". Quando nel 1972 il padre Ferry Porsche decise il ritiro della famiglia dalla gestione operativa, Wolfgang Porsche fu l’unico a non doversi dimettere perché, essendo il più giovane, non era ancora operativo nell'azienda di famiglia. Dopo un tirocinio in banca, Wolfgang Porsche divenne imprenditore. Per fare esperienze pratiche in campo automobilistico, ha lavorato per Daimler-Benz dal 1976 al 1981. Su richiesta del padre, Wolfgang
entrò a far parte del Consiglio di sorveglianza della Porsche AG.
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SVOLTA INDUSTRIALE
All'inizio degli anni Novanta l’esistenza dell'azienda attraversò un periodo di pericolo. La famiglia trovò in Wendelin Wiedeking un abile manager il cui piano di modernizzazione, basato sul modello giapponese, sconvolse non poche persone nella storica fabbrica di Zuffenhausen. Altrettanto rivoluzionario fu il nuovo orientamento dei modelli: il
Consiglio di amministrazione elaborò un'audace visione per il futuro, con il beneplacito del consigliere di sorveglianza Wolfgang Porsche.
La gamma Porsche: consulta il listino completo!
Nel marzo 1998, si produsse l’ultimo motore Porsche raffreddato ad aria. Ferry Porsche aveva rilevato il sistema di raffreddamento ad aria dalla Volkswagen e l'aveva affinato fino ai 450 CV della Porsche 911 Turbo S del 1998, prima che venisse abbandonato per il rumore e per motivi ambientali. Quando il raffreddamento ad acqua venne adottato anche per il motore boxer di Porsche, molti fan della 911 rimasero scioccati. Tuttavia, la nuova generazione di motori gettò le basi per l’evoluzione moderna. Ferry Porsche morì il 27 marzo 1998. La scelta come portavoce della famiglia di Wolfgang Porsche, il più giovane della terza generazione, fu un chiaro segnale di investimento nel futuro.