I n fondo, l’importante era arrivare fino a qui. Dare un senso a questi mesi di clausura, offrire una prospettiva, uno spiraglio, anche nel momento più buio vissuto da questa generazione, nel pieno dell’epicentro di una pandemia globale capace di fare troppi danni, alle persone, all’economia delle aziende e delle famiglie, allo stesso senso del vivere comune.
Il male più profondo generato dal Covid-19 insieme agli altri devastanti effetti, scaricati su ogni singola azione della nostra quotidianità. Effetti che chissà ancora per quanto tempo condizioneranno il nostro agire, dalle mascherine al saluto con il gomito, per non parlare del distanziamento sociale, un’autentica sciagura.
Sì, era importante fissare un punto dal quale ricominciare a vedere, ognuno per il proprio settore, per il proprio interesse, il percorso, la strada sulla quale ricominciare a camminare a riannodare il filo interrotto dal maledetto virus. E a noi malati di automobili interessava capire come si potesse ripartire dalla desertificazione o quasi prodotta dal Covid-19 che di fatto rischia di riportare il mercato auto a livelli degli anni 70.
In assenza, s’intende, di un intervento che ancora non si è visto da parte dello Stato in termini di incentivi, di rottamazione, di esaurimento degli stock di vetture invendute che giacciono nei piazzali delle Case, di defiscalizzazione. Insomma, di quel il pacchetto di proposte presentato a suo tempo da UNRAE, Federauto e ANFIA, le tre associazioni di categoria, insieme all’ACI, ormai però tutti sempre più preoccupati per il tempo che passa senza interventi strutturali che diano respiro ad un comparto che pure pesa nella sua interezza quasi il 20% del PIL del Paese, produce 80 miliardi l’anno di tasse - parliamo di di sola IVA... - e fa lavorare 1 milione e 200 mila persone e altrettante famiglie.
Quindi, mentre sui quotidiani, Corriere dello Sport e Tuttosport, cercavamo di tenere alta l’attenzione su un mondo, quello dell’auto, affossato dall’emergenza - come il turismo e pochi altri - abbiamo pensato di avviare una campagna di immagine e comunicazione che ci ha portato al manifesto (e allo speciale) pubblicato sul numero 6 del magazine AUTO nel quale abbiamo invocato “Dignità per tutto l’Automotive”. Un passaggio obbligato, intanto per tenere alta l’attenzione su un mondo che continua da tempo, troppo tempo ad essere considerato brutto, sporco e cattivo e che, in un momento in cui il virus impazzava facendo male a tutto il Paese, sembrava agli occhi dell’opinione pubblica quasi superfluo occuparsene. Senza, ovviamente tenere conto chi per volontà precisa, chi per negligenza e chi per interesse puro, tutti i valori e l’economia di cui è stato sempre portatore.
E poi perchè il combinato disposto quotidiani, periodico e infine web, erano i traghettatori ideali per far arrivare in porto l’idea originale, avviata parecchi mesi fa, quella cioè del primo convegno digitalvirtuale sul mondo dell’auto. Prontamente ribattezzato “Automotive.Lab, la ripartenza dell’automotive”. Un cammino lungo e faticoso che però non ci ha impedito di mettere a punto un progetto ambizioso quanto articolato, capace di coinvolgere davvero tutte le parti in causa: associazioni di categoria, istituzioni, esperti del settore, aziende, case auto. Tutti appesi, come noi, alle decisioni di un Governo per il quale evidentemente l’auto non viene considerata una priorità insieme alle altre già affrontate. Nella consapevolezza - sbagliata - che i 38 milioni di automobilisti italiani non meritino se non il rispetto quanto meno l’attenzione proporzionata ai numeri e al contributo annuale alle Casse di uno Stato che ancora conta sulle accise della guerra in Etiopia per arrotondare i conti con il prezzo della benzina alla pompa.
Ecco perchè Automotive.Lab la sua scommessa l’ha già vinta: riunire tutti intorno ad un tavolo, tenere accesi i riflettori nel disinteresse generale era il minimo da fare. Se poi arrivasse anche qualche decisione positiva, non ci prenderemmo meriti che non possiamo avere. Ma la soddisfazione, sì. Quella tutta.