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Lancia Delta HF Integrale. Il mito "Deltona"

Viene da sorridere mentre scorgi qua e là alcuni numeri di questa straordinaria automobile: scopri che era lunga appena 390 cm, tre dita più della nuova Ypsilon, e che aveva soltanto 10 cavalli in più dell’attuale Delta top di gamma. Eppure, a vent’anni esatti di distanza, la Delta — quella “vera” — HF Integrale Evoluzione scalda ancora i cuori degli appassionati. E non solo i cuori ma anche i portafogli, considerato il valore pazzesco che la vettura sta acquisendo: per un esemplare del 1991, non catalitico e in chissà quali condizioni meccaniche (all’epoca chiunque dava un giro di vite alla turbina...), occorrono 20mila euro almeno. Ma non è difficile vedersene chiedere anche cinquanta e passa mila per uno degli ultimi pezzi di fine 1994, la “Evo 2” catalitica, originale e magari in qualche edizione speciale tipo Martini Racing o Club Italia. Il perché di tanto entusiasmo attorno alla “Deltona” va ricercato innanzitutto nel suo significato storico. Nei rally, una volta messe al bando le potentissime Gruppo B, la Delta 4x4 ha avuto l’onore e l’onere di rimpiazzare la Delta S4 e far continuare l’avventura di Lancia nel mondiale: dal 1987 al 1993 fu una vera e propria egemonia, con 6 titoli Marche, 5 titoli Piloti e 46 vittorie assolute. Metteteci dunque il fascino della vettura più vincente nei rally, assieme a una effettiva superiorità tecnica della vettura stradale nei confronti della concorrenza, ed ecco ottenuta una miscela esplosiva che ancora oggi non lascia indifferenti. Pensate poi che il mito della Integrale ha fatto sì che la carriera della prima Delta durasse a dismisura, dal 1979 al 1994. E il fatto che la Integrale non abbia mai avuto un’erede, non ha fatto altro che alimentare ancor più il mito. All’epoca della nostra prova su strada, datata novembre 1991, la Delta staccò numeri che per anni restarono il riferimento della categoria. Soprattutto in accelerazione, con soli 6”17 sullo scatto breve grazie all’efficacia della trazione integrale. Uno dei pochi componenti meccanici che, rispetto alle precedenti edizioni di Delta 4WD, era rimasta sempre quella: giunto centrale Ferguson che ripartiva la coppia al 47% davanti e al 53% dietro, assieme a un Torsen posteriore con rapporto di 5:1. Questa prevalenza al retrotreno era voluta per ridurre il sottosterzo e per regalare un leggero effetto sovrasterzante in uscita di curva per “chiudere” meglio. Il motore, rispetto alle precedenti edizioni, guadagnava 10 cv per un totale di 210, con un’erogazione che non aveva nulla a che vedere con quelle, piatte e lineari, dei turbo odierni: quasi priva di vita sotto i 3500 giri, letteralmente esplosiva superata tale soglia. L’assetto era rigido e piatto, lo sterzo diretto e ben calibrato; ne derivava una guida precisa ed efficace su qualsiasi fondo stradale. Quanto al resto delle performance, la velocità massima non era in assoluto elevatissima (218,8 km/h effettivi) per via dell’aerodinamica non favorevole, che infatti penalizzava anche i consumi.