L’auto a emissioni zero è realtà, con la
Toyota Mirai a idrogeno già in produzione e venduta in
Giappone, Usa (1900 ordini) e pure Europa con circa un centinaio di esemplari all’anno che saranno assorbiti da alcuni paesi già attrezzati per questo “strano” carburante (Germania, Danimarca, Belgio, Inghilterra). In Italia non è prevista la vendita vista l’assoluta mancanza di stazioni per il rifornimento. Certo, lo “zero” assoluto si ottiene soltanto se l’H2 è prodotto sfruttando fonti rinnovabili (eolico e solare in testa), ma vedere una berlina di quasi 4,90 metri di lunghezza produrre come scarto unicamente acqua, è stimolante. Tanto più che per il pieno (5 kg totali, stoccati a 700 bar di pressione in speciali contenitori in fibra di carbonio rinforzati con fibra di vetro) servono appena tre minuti circa, attraverso una procedura molto simile a quella per il Gpl (in Germania la colonnina lavora in “self-service”, addirittura).
Tutto bello,
dunque? Ma sì. Tanto più che a bordo il confort è notevole e la guida, tutto sommato, regala più coinvolgimento di quanto ci si aspetti. I 155 cv (e ben 355 Nm di coppia) del motore elettrico – alimentato da una pila chimica che converte idrogeno e ossigeno in corrente elettrica e acqua di scarto – spingono i 1850 kg dell’auto con vivacità (0-100 km/h in 9”6), le sospensioni sono vellutate nell’assorbimento ma permettono una tenuta confortevole, con buona agilità almeno a bassa andatura. Poi c’è un cambio automatico monomarcia più diretto e piacevole del CVT impiegato sulla Prius; il silenzio a bordo è di notevole rilievo a tutte le andature. Compresa quella massima (178 km orari dichiarati).
TECNICAMENTE, la struttura della Mirai — nome che in giapponese significa “futuro” — assomiglia piuttosto da vicino a quella delle ibride Toyota. Anteriormente è posizionato il motore elettrico (trazione anteriore), a centro vettura si trovano il pacco batteria e il pacco celle a idrogeno, verso il retrotreno sono ubicati i due serbatoi di questo particolare gas. L’intero impianto offre la massima semplicità e sicurezza di utilizzo. Come si genera corrente dell’idrogeno? Nella cella combustibile l’elettricità viene generata da idrogeno e ossigeno (aria) che vengono fatti passare - ciascuno con carica elettrica opposta - per una membrana elettrolitica; i due componenti si legano chimicamente liberando energia elettrica e, in qualità di scarto di lavorazione, semplice acqua: per questo le emissioni CO2 risultano azzerate.
L’IDROGENO incolore, inodore e atossico,non assorbe radiazioni infrarossi e quindi non ha alcun impatto sul riscaldamento globale. L’energia ottenuta serve ad alimentare sia la propulsione diretta sia il pacco batteria di bordo, che in questo modo immagazzina la corrente in eccesso e fornisce al contempo il “plus” di corrente che serve sotto carico pieno, come ad esempio in accelerazione o nella marcia in salita. Quanto all’acqua di scarto, per evitare di bagnare la strada percorsa {con un pieno si raccolgono circa 7 litri), un piccolo serbatoio specifico raccoglie il liquido fino a quando non si decide di liberarsene: per questa operazione basta premere un apposito tasto sulla plancia. Dentro, l’accoglienza di bordo è limitata a quattro adulti e il vano di carico accoglie giusto 361 litri, pochi in relazione alle dimensioni del veicolo da pieno segmento D; ma si tratta di privazioni accettabili nell’ottica di impiego di quest’auto per certi versi rivoluzionaria. Quanto alla strumentazione di bordo, tutto è semplice ed intuitivo, superato il minimo smarrimento iniziale dettato dall’arredo “futuristico”.
Quel che più conta è che la Mirai non ha le costrizioni dell’elettrico: si “ricarica” in cinque minuti scarsi tutto compreso, ed offre un’autonomia dichiarata di 550 km (attorno ai 400 km secondo il computer di bordo durante il test). I costi di esercizio non sono propriamente contenutissimi – un kg di idrogeno alla pompa costa in Germania 9,5 euro, con consumo medio dichiarato di 0,76 kg/100 km e rilevato alla guida pari a 1,2 kg/100 km), ma… volente mettere, l’automobile pienamente ecosostenibile senza sacrifici logistici?