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Paese che vai, cultura motoristica che trovi

Ho un tavolino in salotto fatto con la testata di una vecchia Giulia, un fermacarte che è un pistone dell’Aprilia (Gilera) 250 di Marco Simoncelli, due abat jour da comodino ricavate dagli alberi a camme di un vecchio Maggiolino. Mobili e soprammobili che non sono riuscito a buttare via e che, annusati da vicino, hanno ancora un vago profumo di combustione, olio, morchie, tempo che è passato, gare, carattere, personalità meccaniche.

Storie di popoli, persino. Agli italiani attribuirei il motore a quattro cilindri, abituati come siamo a tirare fuori il massimo dal minimo, a cercare prestazione ed economia, con fantasia, soluzioni geniali, uova di Colombo qua e là. Il che è venuto buono anche quando si è trattato di fare i migliori dodici cilindri di sempre, in quei casi rari, elitari e virtuosi in cui si poteva spendere e sbizzarrire a briglia sciolta la creatività. Ma siamo nel caso dell’hyper/supercar.

Agli americani, va senza nemmeno dirlo, l’otto cilindri. Grasso, grosso, big e anche block. Sbrangognante, oscillante, muscoloso, rumoroso, da sparo, giù tutto e tutto dritto, assetato, bruciagomme, sprecone, spaccone, we are the best. Ai giapponesi, quello che vuoi. Ho visto motori Honda da moto di piccola cubatura con frazionamenti da gioielleria, quattro cilindri esaltanti che girano a regimi da trapano dentistico, sei cilindri assurdi, monocilindrici eterni e, persino, rotativi di serie sui quali  si può discutere, ma di indubbio fascino. Ai tedeschi va il sei. Anche l’otto volendo, ma più il sei. Il sei cilindri Porsche, su tutti. Poi Mercedes, Audi , BMW . Vellutati, precisini, sibilanti, bilanciati, complessi, razionali, affidabili, freddini, impeccabili, lussuosi. Ed è qui che si inseriscono i casi delle sigle sportive.

Bella la vita, bello esistere apposta per poter spendere! Il caso M, BMW M, con M3 in particolare, che è passata proprio per qualsiasi soluzione; dal quattro della prima E30, ai sei di E36 ed E46, agli otto della storia successiva, per atterrare al 6 in linea della M2 (una M3 con la sigla ibernata in attesa di qualcosa di nuovo) che è perfetto e li mette tutti insieme. E se la gioca al millesimo di secondo con Audi, che nella storia RS ha anche un cinque cilindri che a me piaceva da matti. Oppure il Quadrifoglio di Alfa, che è roba di batticuore puro ed eterno, partito da elaborazioni di motori per uso quotidiano, passato attraverso l’era Busso (sei cilindri aspirato, mio motore preferito di tutti i tempi, non ce n’è) che metteva insieme all’italiana il meglio degli altri, per arrivare alla soluzione attuale in cui Alfa, Ferrari e Maserati bevono roba buona alla stessa fonte. Turbo evoluti e motori elettrici integrano, uniformano e modificano il cammino per il futuro, ma quattro all’Italia, sei alla Germania e otto agli USA restano i numeri della storia. E non sono voti.