Quella del motore rotativo è una delle epopee motoristiche più intriganti nella storia dell’automotive. Nata dal sogno di un giovane tedesco non ancora ventenne, Felix Wankel, è proseguita grazie all’impegno costante e alla caparbietà di Mazda, nel voler tirar fuori il meglio da questa affascinante architettura, non convezionale e dal carattere prestazionale. Un processo, che iniziato con la Cosmo Sport nel 1967, proseguito attraverso modelli leggendari e innumerevoli vittorie sportive, ha visto il suo exploit con la coupé sportiva RX-7,e successivamente con la RX-8. Non proprio mezzi qualunque.
FATTI CHE CONTANO. E POI?
La RX-7, ad esempio, uscita di produzione definitivamente nel 2002, può essere considerata a tutti gli effetti una delle auto sportive più eccezionali della storia. Fra il 1978 e il 2002 ne sono stati prodotti in totale 811.634 esemplari, ben più di qualunque altro modello rotativo. Negli anni, oltre a conquistare tantissime vittorie in ambito racing, le versioni modificate di ciascuna generazione hanno stabilito il record di velocità su terra nella loro classe sul Bonneville Salt Flats, rispettivamente, nel 1978 (FB, 296 km/h), 1986 (FC, 383,7 km/h) e 1995 (FD, 389 km/h).
Ma dopo che il rotativo è stato messo in stand-by con la fine della commercializzazione delle RX-8 (almeno nella sua concezione originaria), cosa rimane dell’esperienza maturata? E cosa promette il futuro? Di fatto lo spirito della RX-7, tramandato poi alla RX-8, ha gettato le basi per molti importanti studi che aprono ad affascinanti sviluppi oltre ad aver portato diverse innovazioni tecniche.
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IDROGENO
Tra queste, sicuramente, i motori rotativi alimentati a idrogeno, come quello a bordo della RX-8 Hydrogen RE, capace di funzionare con idrogeno o benzina. Una tecnologia sviluppata per la prima volta nel 1991, che abbinata al motore RENESIS della RX-8, ha dato rinnovato impulso allo studio del motore rotativo in questa modalità priva di emissioni di CO2. Sempre nella stessa direzione è andata la successiva Mazda Premacy Hydrogen RE Hybrid, una monovolume equipaggiata con un motore elettrico e un motore rotativo a doppia alimentazione. Rispetto alla RX-8 Hydrogen RE, grazie allo sfruttamento della power unit a elettroni, l’autonomia di guida in “modalità idrogeno” raddoppiava, passando da 100 a 200 km. Entrambi i modelli hanno avuto piena operatività sul mercato giapponese.
ELETTRICO
Successivamente, l’azienda ha sviluppato il prototipo Mazda2 EV, in cui stavolta un piccolo motore a singolo rotore è stato utilizzato come range extender per ampliare l’autonomia di un elettrico. Compatto e privo di vibrazioni, infatti, il wankel - fuori dalla consueta orbita di propulsore ad alte prestazioni - si è rivelato perfetto in questo genere di applicazioni. Nello specifico, quella apparsa sulla Mazda2 EV è un’unità da 330 cc in grado di erogare 28 kW a 6.000 giri. Il motore elettrico fornisce la forza motrice, mentre il Wankel, collegato ad un generatore, produce energia per ricaricare le batterie. Una virtuosa sinergia, che in pratica permette, da un lato maggiore autonomia, dall’altro di mantenere la mobilità anche quando la carica si è esaurita.
SVILUPPI FUTURI
Ed è proprio basandosi su questa logica di funzionamento, probabilmente, che gli ingegneri Mazda stanno studiando un sistema simile, e incredibilmente evoluto, per l'avveniristica MX-30, il nuovo SUV crossover elettrico che arriverà quest’anno nelle concessionarie.
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